Venni, sentii la tua voce.
Nell’aria venivi e parlavi parole di terra bruciata.
Nell’ombra deserta d’intorno disparve la notte.
Oscura la strada segnò sui passi la danza del coro.
Pallore di sonno nel viso e negli occhi il delirio:
corteo di larve notturne con l’urne del loro stupore.
E cruore nel vento e nel cuore la dura memoria.
Nota dell’Autore
Una notte un amico morì bruciato nelle sua automobile, a pochi metri da casa mia. Ricordo la gente che accorse, attonita, purtroppo anche eccitata, quasi “delirante” ( fuori dal seminato, nel senso etimologico del termine ).
In sua memoria ho cercato di creare il ritmo del distico elegiaco della metrica classica, supponendo lunghe le sillabe toniche e brevi le altre . In realtà, anzichè in ritmo dattilico, il piede è in ritmo ascendente ( levare – battere ). Così il primo piede diventa un giambo, mentre gli altri hanno un andamento anapestico catalettico.